“Se questo è un uomo”. Di fronte alle barbarie commesse a Parigi, in quel nefasto venerdì 13 novembre 2015, prendo sommessamente in prestito il titolo del libro di Primo Levi per rappresentare il mio sentimento.
Quanto è sopportabile la vista del sangue e di quei giovani corpi sparsi sul pavimento di un teatro e per le strade di una città assurta a simbolo di amore e di bellezza?
Quanto è drammaticamente immenso il dolore di un genitore nel sapere che la vita del proprio figlio è stata sottratta dalla nefandezza compiuta da belve, in nome di un’ideologia che mistifica il nome di Dio?
Come si può identificare in un uomo l’essere che, in spregio della vita, decide con tutta calma di premere il grilletto di un’arma verso un suo giovane simile, inerme e indifeso, dettando la parola fine ai suoi sogni e alle sue speranze senza farsi scalfire da qualsiasi forma di rimorso?
Per quanto mi sforzi riesco soltanto a formulare domande alle quali sono incapace di dare risposte.
Le emozioni sono troppo forti per cercare un perché. Ora è il tempo del dolore per le vittime e della rabbia nel constatare che la società in cui vivo è gravida di esseri così spregevoli e inadeguati a comprendere il valore della vita altrui .
Parigi è amore è bellezza è tenerezza, Parigi è un simbolo e come tale nessuno potrà mai scalfirla.
Io sono Parigi.