Che buffo, si pensa sempre al “presente” ma non alla “fine”
se non quando ne siamo personalmente coinvolti. L’addio, in tutte le sue declinazioni,
è sempre l’ultima delle nostre emozioni, quasi facesse parte di un mondo a
parte. Relegato in un angolo buio, in fondo in fondo al corridoio dei nostri
pensieri, dove la luce arriva fioca tanto è lontana. Eppure, l’addio, è parte
di noi. E’ sempre presente.
L’addio è un amico che trascuri, che eviti, che cerchi di dimenticare.
E’ una sensazione impalpabile, fredda e nera, chiusa a doppia mandata in un cantuccio perché
non interferisca neppure un attimo col nostro vivere quotidiano.
Nondimeno è qui, come l’immagine che si riflette nello
specchio. Perché negarlo? Non può esserci un “inizio” senza una “fine”, non
esiste luce senza buio, non c’è vita senza la morte.
L’addio di una persona cara è il perfetto compimento di una
parabola (nascita, esistenza e morte) che, tuttavia, non riusciamo ad
accettare. Dolore, ricordi, amore si intrecciano sino a formare un muro invalicabile
che ha i colori della solitudine.
Emergono i ricordi (quelli più belli) della persona alla
quale eri legato e il pensare che non c’è più è come una enorme e pesante porta
che chiude i propri battenti al nostro presente. Un dolore lancinante
dell’anima che stentiamo a sopportare.
Eppure l’inizio e la fine sono tratti di un stesso disegno,
bellissimo e incredibilmente affascinante, che i nostri occhi dovrebbero essere
abituati a vedere e che invece stentiamo ad accettare perché, fin da piccoli,
ci impediscono di vederlo nella sua interezza.
Non ricordo un bambino ad un funerale; invece ne ricordo
tanti all’evento di una nascita, ai battesimi, alle cresime, agli anniversari
di matrimonio o ai compleanni, ma mai.. mai ai funerali.
Un addio è un tabù. E’ la fine! Netta, definitiva e
conclusiva. Proprio perché non ti permette una via d’uscita è da evitare a
tutti costi pur sapendo che non si può eludere.
Erroneamente si pensa che un fatto così triste possa
interferire sul normale svolgimento della vita di un bambino, eppure, l’addio
dovrebbe essere insegnato sin dall’inizio, perché fa parte della nostra
esistenza, esattamente come una nascita o come la sua ricorrenza.
Forse, se tanti anni fa, avessimo visto qualche funerale,
anche se con una punta di tristezza, avremmo potuto accettare l’addio di un
amico, di un padre o di una madre o di un fratello, esattamente come si fa
quando un persona parte per un lungo viaggio. E invece siamo ancorati ai nostri
tabù, al nostro dolore, alla nostra solitudine che solo il tempo riesce a
lenire.
L’addio è un fardello pesante che se ne infischia dei
ragionamenti, esorcizzarlo non serve quando non sei abituato al suo arrivo,
eppure si deve cercare, in un angolo della nostra anima, quella forza d’animo
capace di aprire quella porta chiusa a doppia mandata chiamata sofferenza,
pensando al presente e alle persone che ci circondano con il loro bene.
In un film, di cui ora non ricordo il titolo, un uomo, in
punto di morte disse “è stato bello vivere”. Ecco, vale la pena pensare che
ognuno di noi, al termine dei suoi giorni, possa avere la fortuna di dire la
stessa frase; perché questa vita, nonostante tutto, vale la pena viverla fino
in fondo.
Dedicato a Nino
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