Indipendenza, autodeterminazione, secessione. A chi
giova tutta questa utopia? Ai media, che soffiano sul malessere GENERALE
sperando di ottenere più audience? Ai sempre presenti populisti, che non vedono
l'ora di aizzare gli scontenti spolverando stantii precedenti storici? Che
senso ha, oggi, parlare di indipendentismo, scissione,
autodeterminazione, ma de ché? Ne è passata di acqua sotto i ponti, sono state
combattute guerre, versati fiumi di sangue per inseguire il sogno dell'unità
dei popoli e ora?
Che senso ha, oggi, essere indipendenti dal resto di
uno Stato nel quale sei nato, vissuto, ti nutri e, a dispetto dei santi, sei
parte integrante? Troppo facile protestare, esprimere il proprio malessere,
additare e scaricare le responsabilità su uno Stato vessatorio da cui ci si
vuole allontanare facendo leva su episodi storici, sicuramente illiberali,
sanguinari e autoritari se esaminati nel contesto temporale del loro
accadimento ma che ai nostri giorni paiono più un appiglio, artatamente
manipolato dalla retorica, necessario a giustificare sentimenti di avversione
verso quell'ipotetico Stato patrigno e malevole, dimenticando di farne
parte.
È come quel tale che ricerca morbosamente nel proprio
albero genealogico un qualche ramo nobile della sua stirpe per poter dire di
essere stato un ricco nobiluomo che lo scorrere del tempo ha nel frattempo
defraudato dei propri tesori ed avere la sensazione di sentirsi nel giusto a
chiederli indietro.
La vera rivoluzione in questo mondo non è avere voglia
di indipendenza ma essere cocciuti nel voler estirpare il cattivo esempio di
quei pochi che vogliono distruggerlo, essere puntigliosi nel ricercare quel senso
civico e quei valori di legalità che sono alla base del vivere civile.
Parliamoci chiaro, che senso ha parlare di scissione,
autodeterminazione quando siamo i primi a idolatrare il furbo, a seguire le
scorciatoie pur di raggiungere i nostri interessi, ad arricchirci alle spalle
dei pochi quando se ne presenta l’occasione. Basterebbe aprire gli occhi per
accorgerci di come abbiamo ridotto la nostra società, avvezza solo a “fottere”
il prossimo, a saltar la fila passando dalla porta secondaria, a percepire
pensioni per invalidità immaginarie, a pagare in nero, ad accettare le
raccomandazioni per avere un posto, una promozione, un traferimento, a spostare
la residenza nei luoghi colpiti dal sisma per incassare i contributi destinati
ai terremotati, a truccare i concorsi negli atenei, a trasferire capitali in
paradisi fiscali... e potrei andare avanti all'infinito basta leggere la
cronaca di tutti i giorni.
No, non sono indipendentista, sono realista e incazzato
perché la realtà che mi circonda è pregna di individualismo, di finto
risentimento, di vittimismo, di isolazionismo; una miscellanea di condotte che
genera, specialmente nella massa esasperata, solo illusioni che nulla hanno a
che fare con la soluzione dei problemi.
Gli Stati e i loro popoli devono saper reagire alle
difficoltà del nuovo millennio cercando di affrontarli i problemi, capirli e
risolverli non trincerandosi dietro utopiche rivendicazioni storiche che
accarezzano il sogno di grotteschi confini dorati ove illudersi di ricreare
fasti di un passato ormai morto e seppellito dai millenni sventolando la
chimera dell'autosufficienza, manlevando così le proprie responsabilità.
Purtroppo, visti i tempi, mi rendo conto di come
sia difficile conciliare la logica con l'illusione che si possa vivere
nel proprio orticello senza conseguenze e la cosa grave è che ciò non sembra essere
percepito. Alda Merini diceva: la gente quando non capisce inventa e questo è
molto pericoloso.
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