domenica 4 maggio 2014

Come preparasi all’imminente arrivo dell’estate. Mini tragica odissea di un “over ..anta”

Dai su confessiamolo, la preoccupazione inizia a farsi sentire, la tensione cresce, insomma la “sindrome estiva” comincia a mordere, l’estate è ormai vicina e nessuno può fermare il tempo, lo si vede nei bar, lo si nota al supermercato e soprattutto è evidente in palestra.
I primi tepori tardano ad arrivare ma è ben chiara in ognuno di noi l’esigenza di (come dire?!) rendere presentabile il nostro fisico. E’ arrivato il momento di cambiare il guardaroba. Via i maglioni, i giacconi, i cappotti e tutto l’abbigliamento invernale,  che in questi mesi ha “celato” così bene i nostri difetti e i nostri peccati di gola, e largo agli abiti primaverili o, peggio, estivi, alle camicie slim, alle giacche aderenti, alle magliette, ai pantaloni a vita bassa e, soprattutto, ai costumi da bagno.

Salvo poche eccezioni, alzi la mano chi, indossando un indumento dell’anno prima, ha esclamato:“mi sta un po’ largo”. Come un fantasma si materializza quel fastidioso, insolente e impertinente chiletto che riesce a rovinare la silhouette del nostro fisico.
E allora presto con i rimedi, subentra nella psiche umana l’irrefrenabile voglia di correggere gli “orrori di gola” sottoponendosi a massacranti torture fisiche e privazioni alimentari; il tutto entro poche, pochissime, settimane.
Inizia così il periodo delle privazioni, dell’effimera illusione di rimediare, sintomo molto comune nelle fila degli over “anta”.


Prima tappa: il bar. Come resistere ad un croissant appena sfornato, alla vista di capolavori della pasticceria italiana in bella vista, al profumo del caffè, alla visione dei clienti che, con la bocca ancora spolverata dal bianco dello zucchero a velo, glorificano la prelibatezza di un cannolo, di un millefoglie o di un cornetto alla crema? Tutti i sensi sono sollecitati. Come reagire a questo attacco?  La risposta è semplice: solo un caffè, direbbe il buon senso, ma i sensi non rispondono e allora …”un croissant alla crema per favore, quello tiepido mi raccomando!...e un caffè con UNA BUSTINA DI DOLCIFICANTE, rimarcando il tono, quasi a voler far sentire agli altri, ma più che altro a se stessi, l’esigenza di porre un limite all’eccesso appena “consumato” .              

Seconda tappa: la palestra, incomprensibilmente piena di gente che, inspiegabilmente, sceglie di fare il tuo stesso percorso di fitness (pancia piatta) al tuo stesso orario. E allora lunghe e interminabili code al tapis roulant, alla cyclette, alla panca dei pesi e a tutti quegli infernali strumenti di tortura. Risultato: esci stressato e incazzato per aver perso un’ora del tuo tempo senza aver concluso niente.

Terza tappa: il supermercato. Preso dai rimorsi suscitati dalla prima tappa (il bar)  si pensa ai rimedi. Come nutrirsi senza grassi? Si comincia dalla scelta dei biscotti per la prima colazione, rigorosamente a base di the o, al più, di latte scremato. Come un turista al museo ci si trova davanti allo scaffale ammirando le varietà di prodotti che il mercato offre, e allora, indossando i fedelissimi occhialini da presbite, si comincia a leggere le etichette nelle speranza di trovare un biscotto, una tavoletta o una qualche barretta che concili il giusto sapore con il corretto numero delle calorie o dei grassi. L’operazione richiede un certo lasso di tempo e quindi, inconsapevolmente, si lascia il carrello al proprio destino, tanto si è immersi nella lettura di etichette stampate con caratteri sempre più piccoli; ed è proprio in questo frangente che un discreto numero di persone comincia ad intasare gli angusti corridoi; di chi è questo carrello? Insomma bisogna avere un po’ di educazione diamine! E giù epiteti sempre più marcati finché, scosso dal vocìo sempre più evidente, ci si rende conto di essere la causa di quel trambusto e allora, scusandosi, ci si allontana da quell’inferno, salvo poi ritornarci con più calma scegliendo un improbabile agglomerato di cereali, dalla forma lontanamente rassomigliante ad un frollino, solo perché influenzato dalla pubblicità della confezione (senza zuccheri aggiunti, senza uova, solo e soltanto farina integrale, col 35% di grassi in meno ecc.) e dal poco tempo a disposizione rimasto prima che si crei un altro ingorgo (chissà perché  i corridoi tra gli scaffali dei supermercati sono sempre così stretti!?)
   
Finalmente arriva l’estate, ultima tappa della mini odissea. Il costume da bagno. Cosa indossare? Il mercato ti offre un’infinità di modelli: sgambatissimi e super mini per lei, attillatissimi per lui. E’ l’esplosione della sexi-lingerie, del modello accattivante che evidenzia il fisico scultoreo, dei costumi dai colori sgargianti.
Entrando in uno dei tanti negozi specializzati, l’espressione che ci si incolla sul viso, guardando questi modelli, è un misto tra incredulità ed ebetismo fulminante e la domanda che ci si pone, vedendoli, è la seguente: come cazzo faccio ad indossare un cencio del genere?

All’inizio non ci si  rassegna e con un briciolo di speranza si chiede alla commessa uno dei modelli con una o due taglie più grandi rispetto all’anno precedente (hai visto mai che qualcosa trovo!), poi, indossandoli, subentra la delusione accorgendoti che qualche piega di troppo fuoriesce, inconsapevolmente, dal tuo ventre o dai fianchi, e allora, sfiduciato/a, ti siedi sull’unica panchetta dello striminzito stanzino-prove, e, mentre ti guardi allo specchio prende piede la frustrazione; ti accorgi che la posizione da seduto/a palesa un aumento, nel numero e nelle dimensioni, delle stesse pieghe e così, dal nulla, si materializza nella mente un cucciolo di “sharpei”, (avete presente quei cani di razza cinese caratterizzati da un pelo corto con tante pieghe?) e, chissà perché l’associ alla tua l’immagine.

Il dramma è compiuto, il colpo finale è la classica richiesta della commessa che aspetta fuori dal camerino: “come vaaaaa?” Non resta che rispondere: non mi piace il colore.  

Basta! Questa estate vado in montagna!    


   

  

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