mercoledì 27 settembre 2017

La gente quando non capisce inventa

Indipendenza, autodeterminazione, secessione. A chi giova tutta questa utopia? Ai media, che soffiano sul malessere GENERALE sperando di ottenere più audience? Ai sempre presenti populisti, che non vedono l'ora di aizzare gli scontenti spolverando stantii precedenti storici? Che senso ha, oggi,  parlare di indipendentismo, scissione, autodeterminazione, ma de ché? Ne è passata di acqua sotto i ponti, sono state combattute guerre, versati fiumi di sangue per inseguire il sogno dell'unità dei popoli e ora? 

Che senso ha, oggi, essere indipendenti dal resto di uno Stato nel quale sei nato, vissuto, ti nutri e, a dispetto dei santi, sei parte integrante? Troppo facile protestare, esprimere il proprio malessere, additare e scaricare le responsabilità su uno Stato vessatorio da cui ci si vuole allontanare facendo leva su episodi storici, sicuramente illiberali, sanguinari e autoritari se esaminati nel contesto temporale del loro accadimento ma che ai nostri giorni paiono più un appiglio, artatamente manipolato dalla retorica, necessario a giustificare sentimenti di avversione verso quell'ipotetico Stato patrigno e malevole, dimenticando di farne parte. 

È come quel tale che ricerca morbosamente nel proprio albero genealogico un qualche ramo nobile della sua stirpe per poter dire di essere stato un ricco nobiluomo che lo scorrere del tempo ha nel frattempo defraudato dei propri tesori ed avere la sensazione di sentirsi nel giusto a chiederli indietro.

La vera rivoluzione in questo mondo non è avere voglia di indipendenza ma essere cocciuti nel voler estirpare il cattivo esempio di quei pochi che vogliono distruggerlo, essere puntigliosi nel ricercare quel senso civico e quei valori di legalità che sono alla base del vivere civile.

Parliamoci chiaro, che senso ha parlare di scissione, autodeterminazione quando siamo i primi a idolatrare il furbo, a seguire le scorciatoie pur di raggiungere i nostri interessi, ad arricchirci alle spalle dei pochi quando se ne presenta l’occasione. Basterebbe aprire gli occhi per accorgerci di come abbiamo ridotto la nostra società, avvezza solo a “fottere” il prossimo, a saltar la fila passando dalla porta secondaria, a percepire pensioni per invalidità immaginarie, a pagare in nero, ad accettare le raccomandazioni per avere un posto, una promozione, un traferimento, a spostare la residenza nei luoghi colpiti dal sisma per incassare i contributi destinati ai terremotati, a truccare i concorsi negli atenei, a trasferire capitali in paradisi fiscali...  e potrei andare avanti all'infinito basta leggere la cronaca di tutti i giorni.

No, non sono indipendentista, sono realista e incazzato perché la realtà che mi circonda è pregna di individualismo, di finto risentimento, di vittimismo, di isolazionismo; una miscellanea di condotte che genera, specialmente nella massa esasperata, solo illusioni che nulla hanno a che fare con la soluzione dei problemi.
Gli Stati e i loro popoli devono saper reagire alle difficoltà del nuovo millennio cercando di affrontarli i problemi, capirli e risolverli non trincerandosi dietro utopiche rivendicazioni storiche che accarezzano il sogno di grotteschi confini dorati ove illudersi di ricreare fasti di un passato ormai morto e seppellito dai millenni sventolando la chimera dell'autosufficienza, manlevando così le proprie responsabilità. 

Purtroppo, visti i tempi, mi rendo conto di come sia  difficile conciliare la logica con l'illusione che si possa vivere nel proprio orticello senza conseguenze e la cosa grave è che ciò non sembra essere percepito. Alda Merini diceva: la gente quando non capisce inventa e questo è molto pericoloso.