domenica 13 luglio 2014

Tragicomica giornata estiva di una famiglia tipo italiana. Mini sceneggiato da bere tutto d’un fiato.


Tutti al mare… tutti al mare… era il motivetto di un brano musicale cantato dalla grande  Gabriella Ferri che negli anni ‘70 invogliava gli italiani a godere delle meraviglie dell’estate. Luglio è appena iniziato e come ogni fine settimana che si rispetti, colonne di auto si spostano dai centri urbani per “invadere” le nostre spiagge.

Qui in Sardegna, che per amore e dovere di ospitalità sarà il teatro di questo episodio, di materiale da “invadere” ce n’è in abbondanza ed è in questo scenario che ho immaginato la giornata tipo vissuta da un ipotetico nucleo familiare che, pur di non rinunciare ad una giornata di mare, è disposto a subire di tutto spingendosi al limite del masochismo.

Tutto inizia sabato mattina. Sono le 6,00 e Cagliari comincia ad animarsi. I croissant e l’aroma del caffè già invadono le strade ancora vuote, il giornalaio solleva la saracinesca dell’edicola mentre un signore di mezza età aspetta l’autobus alla fermata osservando distratto un gruppo di “tubanti” piccioni alla perenne ricerca di qualcosa da beccare; in questo caldo e sonnacchioso mattino già si notano le prime automobili parcheggiate con i loro portabagagli aperti.

Simili a coccodrilli sono pronte a fagocitare qualsiasi borsa si palesi davanti. Il papà cerca di animare i due bambini ancora caldi di letto che, come zombi, si trascinano riluttanti sui sedili posteriori dell’auto scegliendo il posticino migliore dove continuare a dormire, mentre la mamma, accompagnata dall’immancabile suocera, provvede, come un nastro trasportatore, a sfornare borsa frigo, ombrellone, spiaggine ed ingombri vari che presto satureranno ogni spazio presente nell’auto con evidenti rimbrotti del marito. Ci siamo! La famiglia è completa, l’auto è carica ed in perfetto orario. Ore 6,30: si parte. Destinazione spiaggia di “Mari Pintau”, una stupenda caletta posta lungo la litoranea che conduce a Villasimius, fatta di piccoli sassi levigati e sabbia bianca finissima, con un mare che contempla tutte le sfumature di azzurro. Periodo di percorrenza invernale: 45 minuti circa.


Il papà (pilota e regista di questa giornata)  è orgoglioso di aver rispettato i tempi, basta solo fare benzina al distributore dietro l’angolo e via verso il mare alla conquista di un posteggio all’ombra per l’auto e della migliore posizione per l’ombrellone (magari sulla battigia).  Ore 6,32: si volta l’angolo. Trenta auto incolonnate su quattro colonne aspettano di rifornirsi al mega distributore automatico,  il nostro eroe è il trentunesimo. Si inizia con la prima imprecazione seguita da quella della moglie che rincara la dose addossandogli la responsabilità per non aver provveduto per tempo il giorno prima “cosi come gli aveva consigliato”. Naturalmente la suocera, un donnone di 95 chili per una circonferenza di 110 cm, che per ovvie ragioni occupa il posto accanto al guidatore generando una leggera inclinazione dell’auto verso destra, rincara la dose e si accoda ai rimproveri della figlia rimarcando il fatto di aver udito con le proprie orecchie la manchevolezza che la figlia gli ha appena addossato.  Siamo agli inizi della giornata, per il quieto vivere il marito ammette le proprie responsabilità e armandosi di buona volontà, comincia la sua prima coda. Ore 7,05: dopo aver rifornito si parte per la litoranea, dopotutto, pensa lui, è ancora presto. Si percorre la città, i semafori (quei pochi sopravvissuti alle rotonde ormai padrone dei nostri incroci) sembra non aspettino altro che veder passare l’auto del nostro eroe per scatenare il loro colore preferito, quello che tra i tre ama attardarsi di più: il ROSSO. Ogni stop è una stilettata. Accanto, dietro e davanti si materializzano altre auto con a bordo altrettante famiglie con le medesime prerogative: arrivare il più presto possibile!! Ore 7,30: si percorre ancora la città, si cerca di aumentare l’andatura per recuperare sulla tabella di marcia ma è inutile, gli ostacoli aumentano, si affrontano le rotonde, gli automobilisti furbi, i clacson che agiscono all’unisono allo scatto del verde dei semafori; nel frattempo il caldo comincia a mordere, il marito aziona il condizionatore che la suocera spegne immediatamente trincerandosi dietro la difesa della salute dei bambini: “e’ molto meglio tirar giù i finestrini” dice, anche la figlia è d’accordo, lui cerca di insistere. Niente da fare la maggioranza è netta e poi.. se tutti sono in ritardo la colpa è sua quindi... giù i finestrini. Un’aria calda e umida si insinua in auto. Ore 8,15: si arriva al Poetto, la spiaggia dei cagliaritani e dei quartesi, una lunghissima lingua di sabbia bianca che partendo da un promontorio, chiamato Sella del Diavolo, prosegue per circa 8 km fino al litorale di Quartu Sant’Elena. La medesima distanza copre il vialone che la costeggia.

Quattro corsie che hanno la più alta concentrazione di semafori….. funzionanti. Si percorre obbligatoriamente a 50km/h, pena: multe salatissime e salasso di punti sottratti alla patente. Il caldo aumenta, la coda pure, la strada diventa un inferno. Alcune famiglie, che hanno deciso di fermarsi su questa spiaggia, precedono i nostri eroi con la loro auto con un insolente incedere lento alla ricerca di un posteggio, altre, incuranti di chi li segue, si fermano improvvisamente e, come se nulla fosse, iniziano a svuotare l’auto intasando la carreggiata con ombrelloni e sedie varie. Si procede a meno di 50 km/h, i semafori naturalmente sfoggiano il colore preferito: IL ROSSO. Ore 9,00: l’ennesima rotonda, con annesso intasamento,  indica la fine della strada. Auto che sbucano dappertutto, clacson che suonano, la temperatura che diventa insopportabile, il nostro eroe, a passo di lumaca, cerca di liberarsi da questa trappola, pure la ventola del motore comincia a farsi sentire. I bambini, finora silenziosi, cominciano con la solita domanda: “quando arriviamo?”  Presto tesori miei, presto”  risponde la mamma “a quest’ora saremmo già in acqua se papà non avesse avuto la brillante idea di fare benzina questa mattina”. “E’ vero!!”, interviene la suocera, “l’ho sentito con queste orecchie vostra madre ieri sera quando ha chiesto a vostro padre di fare benzina. Ma lui niente!” Nel mentre tira fuori un enorme ventaglio che smuove odori ascellari (con vaghi sentori di metano e cipolla) . Ore 9,30: si prosegue a passo d’uomo, la strada ha una serie di incroci che portano a diverse calette, è un continuo fermarsi e ripartire; come se non bastasse un pullman di linea precede la colonna del nostro eroe facendo sosta su tutte le fermate. I “nostri” senza saperlo sono diventati un piccolo segmento dell’enorme serpentone metallico che si dimena sulla litoranea che costeggia il grande golfo di Cagliari. Ore 10,40: si arriva finalmente alla mèta.


E’ chiaramente intuibile, visto l’orario, l’assenza di un posteggio all’ombra. Tutta la strada è costeggiata su entrambi i lati da una serie di auto ormai arroventate dal sole. “Quando scendiamo  mamma?” , “Non appena vostro padre riuscirà a trovare un posteggio” risponde la mamma che rincara: “d’altronde se avesse seguito i miei consigli……!!!”E’ vero l’ho sentito con queste mie orecchie che doveva far benzina ieri  irrompe la suocera, madida di sudore ma fedele al suo intento di non accendere l’aria condizionata.  Si scorge un posteggio a 200 metri dall’ingresso della spiaggia, naturalmente sul ciglio della strada. Finalmente a terra. Ore 11,10: si arriva sull’arenile carichi di borse frigo, ombrellone, sdraio e giochini per i bambini e si cerca un punto dove appostarsi.  Naturalmente addio sogni di gloria, niente posti in riva la mare. Si trova comunque un sistemazione nelle retrovie e ci si accampa. “Potevamo essere in prima fila se qualcuno non avesse deciso di fare benzina questa mattina”  insiste la moglie e la suocera, di rimando, “e’ vero l’ho sentito con queste mie orecchie quello che gli avevi raccomandato”. “Mamma quando si va in acqua?” i bambini sono irrequieti.
 
Ore 11,50: finalmente, districandosi tra i vari ombrelloni, si guadagna la riva e si assaggia l’acqua con i piedi nudi, gli animi cominciano a placarsi, “abbiamo avuto qualche difficolta ma ne è valsa la pena”  esordisce il nostro eroe “si lo spettacolo è stupendo” risponde la moglie “i bambini non vedevano l’ora di tuffarsi in acqua…….guarda come sono felici.. ma perché non hai fatto benzina prima?” “Già perché non hai seguito i consigli di mia figlia?” interviene la suocera, materializzatasi chissà come alla spalle del nostro eroe,   “l’ho sentito con queste orecchie ieri sera”. Si va avanti tra un bagno e l’altro sino a quando il sole non inizia la discesa verso il tramonto. Ore 18,30: “Quando andiamo via?” chiede la moglie…. “già quando?” ripete la suocera (che avendo il dono dell’ubiquità è presente in qualsiasi dialogo). “Secondo me è importante partire con intelligenza, se seguiamo il flusso della gente rischiamo di trovarci imbottigliati come questa mattina. Partiamo un po’ più tardi, mangiamo qualcosa alla pizzeria che c’è più avanti e ritorniamo con il fresco della sera” risponde il marito. “Ma non possiamo restare qui fino a notte fonda” controreplica la moglie “i bambini sono stanchi e la mamma lo sai che va a letto presto” …..”Lo sai che non posso andare a letto tardi?!…ho una certa età e problemi di cuore” rimarca la suocera.  Ormai è fatta! La decisione è presa si parte subito. Ore 19,00: con la pelle intrisa di salsedine, il caldo ancora insopportabile e senza riserve di acqua fredda la famiglia intera, con paccottiglie a seguito, si avvia sulla strada del ritorno. Il viottolo che conduce al posteggio è ovviamente in salita ed è già intasata di gente. La suocera, (pesante di suo), arranca e rallenta le persone che precede garantendosi una generosa dose di rimproveri (il nostro eroe, per la prima volta sorride sotto i baffi). Finalmente l’auto. Le lamiere sono arroventate e a nulla serve aprire tutte le portiere. Non esistono rimedi se non “accendere il condizionatore”. Niente da fare…la suocera accampa la solita scusa e rifiuta di viaggiare in un auto con l’aria condizionata (la cosa naturalmente non dispiacerebbe al genero che già immagina la scena: la sua auto che procede verso casa e lo specchietto retrovisore che riflette la figura, sempre più piccola, della suocera mentre sbraita e gesticola sul ciglio della strada) la figlia naturalmente è d’accordo e quindi si procede come al solito. Ore 19,30: si “ri”-parte.
Naturalmente lo scenario non cambia, il serpentone è lo stesso di quello dell’andata, auto e auto e ancora auto che abbandonano le spiagge e si riversano sull’unica strada che conduce alla città; andature da lumaca, caldo asfissiante, la suocera che tira fuori il ventaglio con gli stessi odori ascellari, i figli che continuano a chiedere come un mantra quando si arriva, i semafori eternamente rossi, le rotonde continuamente intasate ma, stranamente, nessuno osa rimproverare l’autista che con fiero cipiglio da guerriero alle ore 22,30, sotto casa risponde ai suoi bambini: “saremmo potuti arrivare a casa un po’ più tardi ma freschi e riposati se la mamma e la nonna non avessero deciso diversamente….l’ho sentito con le mie orecchie”.                                        

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