giovedì 12 maggio 2016

SOCIETA' IN HOUSE: CONDONO DANNI ERARIALI?

In questi giorni si stanno discutendo, in Commissione Bilancio di Camera e Senato, i decreti attuativi della riforma che dovrebbe modificare la Pubblica Amministrazione.

Al loro interno il Governo ha inserito un provvedimento che disciplina l’azione di responsabilità per danni erariali; ossia chi deve perseguire quei soggetti che hanno arrecato danno allo Stato attraverso lo sperpero di soldi pubblici e, di conseguenza, avviare l’azione di recupero del mal tolto.

Si parla in questo caso delle cosiddette società “in house”, ossia quelle società di servizi il cui capitale è partecipato, interamente o quasi, dalle     Regioni, dai Comuni o dalle ex (?) Province, i cui amministratori sono, spesso se non sempre, emanazioni politiche dei partiti che governano gli stessi Enti.

Ad oggi la funzione giurisdizionale e di controllo per tali illeciti è affidata alla Corte dei Conti composta da giudici contabili, altamente specializzati, la cui azione,  proprio in virtù delle loro qualifiche, è caratterizzata da una maggiore celerità rispetto ai colleghi appartenenti alla magistratura ordinaria.

Per fare dei numeri, solo nel 2015 i magistrati contabili hanno emesso atti di citazione in materia di partecipate pari a 185 milioni di euro.
Orbene, sembra che questi provvedimenti ridurrebbero il raggio d’azione della Corte dei Conti proprio nei confronti di tali società.

In sostanza gli amministratori delle società partecipate, o loro successori, risponderebbero di danno erariale soltanto alla magistratura ordinaria e non a quella contabile, con inevitabili lungaggini temporali ad alto rischio prescrizione.
Rimarrebbero sotto giurisdizione della Corte dei Conti soltanto i danni subiti “direttamente” dall’Ente controllante (Regione e Comuni).  

Il Governo, che già qualche mese prima aveva tentato di introdurre questa novità salvo poi fare marcia indietro viste le perplessità sollevate della stessa Corte,  giustifica la sua scelta rifacendosi ad un parere del Consiglio di Stato in merito ad una sentenza della Corte di Cassazione che riconosce la giurisdizione della magistratura contabile: nei soli casi in cui un Ente pubblico abbia subito un ‘danno diretto’ al proprio patrimonio e non un ‘danno indiretto’, subìto in conseguenza alla propria partecipazione al capitale della società “in house”.  

Tale danno sarebbe infatti “ …‘assorbito’ dall’azione di responsabilità civile promossa nei confronti degli organi di amministrazione e di controllo innanzi al giudice civile”.
Il colmo!!  L’azione di responsabilità per danni causati alle società partecipate – i cosiddetti danni “diretti”- dovrà essere avviata dagli stessi vertici della società.
Ve li immaginate gli amministratori che hanno sperperato il denaro pubblico che si autodenunciano?

In tutto questo la Corte dei Conti avrebbe le mani legate.
Se tutto ciò si avverasse sarebbe un colpo molto grave alla credibilità di questo Stato che fa del cambiamento,  della lotta all’evasione e della corruzione dei baluardi da cui non si può prescindere.


Aldilà delle colorazioni politiche sarebbe auspicabile, da parte della classe dirigente, un moto d’orgoglio e ritornare sui propri passi, magari rafforzando ancor di più il peso giurisdizionale della Magistratura contabile piuttosto che indebolirla, quantomeno per far tacere quella parte di italiani che vede in questo provvedimento il solito escamotage creato ad hoc per coprire gli amici degli amici.       

mercoledì 11 maggio 2016

La coperta di Linus è uno smatphone

Schiavismo cibernetico o dipendenza mediatica? Come definire il senso del nostro vivere quotidiano ormai votato, solo ed esclusivamente, a far sapere a terzi (perfetti sconosciuti o no) ciò che si pensa, che si desidera, che si fa o che non si fa o che si ha intenzione di fare?
La società del  terzo millennio è un perfetto agglomerato di azioni, gesti e pensieri ai quali diamo voce e risonanza al solo scopo di condividerli con tutti.
E nulla è lasciato al caso. In un contesto di globalizzazione esasperata non c’è crisi economica che tenga, la tendenza irrefrenabile all’acquisto dell’ultimo modello di smartphone,  PC o Smart TV non conosce ostacoli, così come la nascita dei grandi magazzini di elettronica, secondi solo ai funghi,  che vengono incontro ai nostri gradimenti tecnologici, frantumando le nostre deboli ritrosie di risparmiatori con finanziamenti alla portata di tutti (il tasso zero non è più un animaletto sconosciuto).

Tutto è funzionale alla grande platea di noi internauti, appassionati di facebook, instagram, messenger, telegram, whatsapp, twitter, skype e chi più ne ha più ne metta, ai quali affidiamo, senza ritegno, la nostra intimità.

Tratto da un cortometraggio creato dallo studente cinese Xie Chenglin, – vincitore del premio 2014 alla Central Academy of Fine Arts
E il risultato qual’è?  Proviamo a  guardarci attorno. La maggior parte di noi cadenza la propria quotidianità con la testa china sul proprio  smartphone o tablet;  la coperta di Linus dei nostri tempi. Sulla metropolitana, in autobus, alla stazione, al bar, in aeroporto piuttosto che alla stazione o sul luogo di lavoro, la figura che digita o che visiona lo schermo del proprio cellulare o che fotografa  è ormai familiare. Quanto tempo della nostra giornata passiamo su questi gingilli tecnologici a controllare se è arrivato un nuovo messaggio?
Anche il nostro linguaggio è assuefatto a questa prigionia tecnologica: ho wahtsappato un’immagine, te la mando in pdf o preferisci in jpg? ti ho twittato la risposta, cambia browser, posta le tue idee può darsi che vengano taggate, ma ti sei loggato? dai facciamoci un selfie !?   

Confesso di appartenere ad una generazione quasi “obsoleta” - quella degli anni sessanta per capirci - e  fatico un po’ a districarmi in questa giungla di piattaforme digitali, di  byte e wi-fi,   ma resto dell’idea che non sarebbe una cattiva idea quella di fermarci un attimo e riflettere sui nostri atteggiamenti.

Va bene la globalizzazione, la facilità di comunicazione, il coinvolgimento emotivo di una foto o di un pensiero, ma non vi sorge il sospetto che tutto questo possa essere “carpito” subdolamente da “qualcuno” per avere il totale controllo della nostra vita?

Dite che sono troppo catastrofico? Forse.  Ma un pò di sana riflessione sui nostri comportamenti (anche i miei visto che non sono immune da questa dipendenza) non guasterebbe, magari solo per esorcizzare il pericolo di quella società globalizzata e sotto totale controllo di un “ Grande Fratello” di Orwelliana memoria.

       

sabato 7 maggio 2016

STOP OLIO DI PALMA





https://www.change.org/p/stop-all-invasione-dell-olio-di-palma?recruiter=false&utm_source=share_petition&utm_medium=copylink?recruiter=false&utm_source=petition_show&utm_medium=copylink


Come non dare torto a questa iniziativa, soprattutto alla luce del nuovo allarme lanciato dall'EFSA, European Food Safety Authority (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) e ripreso da alcuni quotidiani, secondo la quale questo grasso conterrebbe sostanze tossiche, anche cancerogene, pericolose per la salute.