martedì 17 dicembre 2013

Bollino a tavola? Molto British



Se qualche mese fa il conduttore di uno dei tanti quiz televisivi, in auge in questo periodo,  avesse chiesto a qualche concorrente chi è Anna Soubry, tutti, (ad esclusione ovviamente degli addetti ai lavori) avrebbero avuto difficoltà a rispondere: il Ministro della Salute inglese.

Oggi, “quasi tutti”, non soltanto sanno chi è… ma anche cosa fa. Merito dei quiz? Macchè!!  Merito delle sue intenzioni, a suo dire, “utili a salvaguardare la salute dei sudditi inglesi”. Mi riferisco all’ormai famosa introduzione del bollino “semaforico” da applicare agli alimenti in vendita in Inghilterra. 

In pratica la Ministra ha “invitato” tutti i supermercati e le società che si occupano della grande distribuzione, operanti in territorio inglese, ad utilizzare bollini con tre diversi colori (rosso, giallo e verde) per indicare l’eventuale pericolosità nutrizionale dei prodotti alimentari in vendita e dar modo ai consumatori di controllare, con estrema immediatezza, ciò che stanno comprando. Il rosso indica un pericolo, il giallo un medio pericolo il verde è sinonimo di bontà.

L’iniziativa ha già ricevuto il sostegno di numerosi supermercati e produttori, che inizialmente si erano opposti all'iniziativa.  Mars, Nestlè e altri grandi marchi avrebbero già firmato gli accordi con le più importanti catene di supermercati del Regno Unito.
L’idea nasce dall’esigenza di dare un valido contributo alla lotta contro l'obesità, un problema molto sentito nel Regno Unito dove il tasso di obesità è arrivato ad un punto tale da spingere uno dei più famosi quotidiani, il “Telegraph”,  a considerare la Gran Bretagna come lo “Stato ciccione d'Europa”.  

Per carità, il proposito è meritevole, anche se, impostato così com’è, lascia un po’ dubbiosi, soprattutto perché rischia  di  lèdere gli interessi economici di altri Stati UE (vedi Italia), grossi esportatori di eccellenze alimentari, già alle prese con enormi problemi finanziari ed economici.

Il problema nasce dal metodo, alquanto semplicistico e fuorviante, utilizzato dagli operatori per indicare la pericolosità del prodotto.
In sostanza il bollino è rappresentato da una serie di rettangolini o da un cerchio suddiviso in spicchi, evidenziati con i tre colori del semaforo nei quali sono indicate le quantità in grammi degli elementi potenzialmente nocivi alla salute (sale, zuccheri, grassi  ecc.) presenti nel prodotto; quindi rosso per le quantità elevate, giallo per quelle medie e verde per quelle considerate nella norma. La somma di questi elementi determina il risultato finale, rappresentato con un simbolo (di solito un cerchietto o un segno di spunta) tinteggiato con il colore predominate.
Qualcuno dice che è un metodo molto efficace e intuitivo perché educa il consumatore ad acquistare con attenzione gli alimenti. Vero, ma in parte. Schedare gli alimenti in base al loro contenuto di grassi o zuccheri permette al consumatore di avere un’informazione parziale  perché non tiene conto della dieta complessiva; in sostanza classificare il parmigiano o il grana, il prosciutto o la mozzarella, la pizza o la frutta secca come fonti di grasso nocive alla salute ritrae un erronea rappresentazione se non la si inquadra in un disegno più ampio.

E’ ormai assodato, mi sembra anche dagli inglesi, (maestri incomparabili negli studi sull’utile e sul futile), che una buona dieta alimentare non deve eliminare i cibi ma dosarli in modo ottimale; una grattugiata di formaggio grana o parmigiano su 60/70 g di spaghetti conditi con un filo d’olio extravergine e due pomodorini saltati con mezzo spicchio d’aglio non mi sembra una bomba calorica, specialmente se accompagnata da una normalissima passeggiata.
Schedarli in maniera asettica e semplicistica, così come proposto dal modello britannico, significa solo catalogare i cibi in “buoni” e “cattivi” e questo fornisce il là a più di una critica ed a molti dubbi sul reale proposito messo in atto dagli inglesi. Sarà per caso una manovra di marketing ben congeniata a scapito delle eccellenze alimentari di altri paesi o è piuttosto un buon proposito messo in atto da un manipolo di inesperti?

A mio parere, ma non solo, non esistono cibi “buoni” e cibi “cattivi” ma regimi alimentari buoni e cattivi, dove i due aggettivi pendono dall’una o dall’altra parte a seconda di come vengono integrati tra loro ed in che quantità.    

Se lo scopo principale di questa idea è quello di combattere l'obesità e le patologie ad esso associate, con conseguente alleggerimento dei costi che gravano sul sistema sanitario nazionale inglese, (così come auspica la ministra), sarebbe opportuno, non dico eliminarla tout court,  ma, quantomeno, renderla funzionale all’interno di un disegno più vasto che comprenda più progetti e coinvolga soprattutto i bambini (consumatori del domani).

Non sarebbe male, ad esempio, introdurre nelle scuole dell’obbligo materie tese ad educare verso stili di vita salutari e corrette conoscenze alimentari, ne gioverebbero tutti, gli Stati Europei (tra cui la nostra Italia) che otterrebbero di vendere i propri prodotti senza semplicistiche schedature e soprattutto i sudditi reali (che riuscirebbero a capire che quando si ha sete non è indispensabile bere un litro d’olio extravergine, o quando si ha fame non bisogna necessariamente mangiare mezzo kilo di Parmigiano o Grana, o prendere a morsi un cosciotto di Prosciutto crudo). 

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