mercoledì 6 novembre 2013

La fortuna è cieca ma la sfiga non va in "pensione".





Quando la sfiga ti punta è difficile non rimanerne segnati.

Avete presente quelle frasi che qualche volta capita di sentire vedendo alcuni film? Ho una notizia buona ed una cattiva, quale volete sentire per prima? Quella buona! Bene potete tutti andare in pensione. Urrà! E quella cattiva? Non è vero niente!

Pressappoco è questo quello che è successo a otto insegnanti trevigiani, con quarant’anni di insegnamento alle spalle, che sono passati dalla gioia alla tristezza nel giro di pochi giorni. Sembra che la “lieta novella” sia stata data agli inizi di ottobre direttamente dalla loro scuola, sulla base dei calcoli INPS pervenuti  tramite la Provincia di Treviso.
I nostri “eroi” hanno svolto la loro ultima lezione, hanno salutato i loro alunni e poi, con cappellini e fischietti, hanno dato il via alla grande festa di commiato con gli ormai ex colleghi.

Venti giorni dopo, la sorpresa;  sempre la scuola, con lettera, comunica che “c’è stato un errore dovete tornare al lavoro” e la vita ricambia…. in peggio!
Il romanzo, o meglio l'odissea inizia nel 2011, quando gli insegnati maturano il diritto alla pensione per l’anno successivo. Si procede alla redazione delle domande e si avvia tutto l’iter burocratico per veder riconosciuta l’agognata uscita dal lavoro.

Ma ecco il primo inghippo, l’allora Ministro Fornero con la famosa “legge”  posticipa di 5 anni la “porta” per andare in pensione ai nostri professori.
Sbigottimento e rabbia la fanno da padroni e via con carte bollate e avvocati per cercare di tutelare le loro mancate prerogative di pensionati. Il lavoro diventa pesante e il tempo scorre lento, ma ecco la buona notizia: la scuola comunica che “se ci sono esuberi in una classe di concorso e avendo acquisito i quarant’anni di lavoro, questi esuberi possono andare in pensione”. 

E’ come vincere ad una lotteria. Finalmente si va in pensione. Si cominciano ad elaborare progetti per il futuro, viaggi e tutto quello che ognuno umanamente desidera dopo 40 anni di lavoro.  Insomma si ritorna a vivere. E invece no!! Arriva la seconda sorpresa…. amara!!!  “Scusate ma l’esubero non è utilizzabile per avere il diritto alla pensione”. Questo è in sostanza il senso dell’ultima e fatale comunicazione che arriva ai nostri professori. E allora la sorpresa diventa sbigottimento, scoramento, rabbia. 

Le domande  sono tante! Può uno Stato, il nostro Stato,  trattare in maniera così indelicata e superficiale persone che hanno dedicato 40 anni della loro vita al lavoro?  Si possono cambiare le regole, dall’oggi al domani, salvo poi auto smentirsi per intervenute problematiche interpretative?  Che considerazioni possiamo avere da uno Stato che non dà certezze neanche a chi lavora al suo interno?

Non credo sia questa la strada giusta da intraprendere. Pensiamo a trattare chi è nel mondo del lavoro e chi il lavoro lo ha svolto per tanti anni con il dovuto rispetto e la giusta considerazione che meritano, tutelandoli  con giuste regole e soprattutto con la certezza che queste non vengano modificate nel tempo da “portatori di teorie” che, alternandosi sulle poltrone che contano, sfornano questa o quella riforma . Solo così potremo sperare di garantire un futuro alle nuove generazioni senza le quali cadrebbe tutto il sistema.         

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